Eppure pensavo sul treno, che veloce corre verso sud, al lavoro dell'insegnante come il lento scorrere di un fiume, alla pazienza, agli spazi di libertà degli studenti, a tutto quello che per loro è velocità, battito d'ali, per il docente è costruzione paziente di saperi mai cristallizzati e inquadrati in scialbi algoritmi cataloganti presunti saperi.
Penso alla lenta e inesorabile passione che nasce quando impari che i conflitti si smussano con paziente lavoro di lima e ascolto; non certo nella giostra pedagogica di presunti esperti e nelle stanche teorie inconcludenti di " strizzacervelli" senza passione.
In mano a burocrati che scimmiottano formule pseudoscientifiche che non ci appartengono, la scuola muore sotto i colpi dell'efficientismo fine a stesso.
Per questo auguro a tutti i docenti novelli eroi post- moderni buone vacanze.
Esigenza di raccontarsi in maniera disordinata. Voglia di comunicare, anche quando non farlo sarebbe meglio. Tensioni da scaricare, flusso di coscienza come cura e tanta voglia di lasciare, magari solo per un secondo,un attimo di riflessione. Alla fine siamo quello che "scriviamo". Parole usate con cautela e rispetto,questo il principio che mi guida. Buona lettura!!!
mercoledì 29 aprile 2020
Dopo Bersani, il nulla.
Novelli opinionisti, stupendi " nuovisti " con lo sguardo rivolto al sole che nasce, ambientalisti che riscoprono l'olio di colza, estremisti della porta accanto, manipolatori del pensiero non pensante, intellettuali da social network, indignati figli di papà, grillini e grillacci stalinisti democratici del web, tutti a pontificare sulle primarie, sugli zombie e la vecchia politica il tutto condito con la solita retorica della casta che ruba e tutti a casa che con lo stipendio tolto a questi ladroni diventiamo un paese con più servizi della Svezia.
Rispetto per le centinaia di volontari, rispetto per un partito plurale e democratico che fra mille insidie e difficoltà ha dato voce anche a chi all'interno dello stesso parla ancora con il noi e il loro, rispettato per chi si è fatto due ore di fila per scegliere.
Prima di parlare attaccate duecento manifesti in una notte, mettete in ordine una sezione di partito, se ne esistono ancora, ascoltate un vecchio militante che presidiava i cancelli delle fabbriche e ascoltate e sostenete il dolore delle vittime della delinquenza organizzata, solo dopo aver fatto questo aprite la bocca e forza BERSANI!!!
Rispetto per le centinaia di volontari, rispetto per un partito plurale e democratico che fra mille insidie e difficoltà ha dato voce anche a chi all'interno dello stesso parla ancora con il noi e il loro, rispettato per chi si è fatto due ore di fila per scegliere.
Prima di parlare attaccate duecento manifesti in una notte, mettete in ordine una sezione di partito, se ne esistono ancora, ascoltate un vecchio militante che presidiava i cancelli delle fabbriche e ascoltate e sostenete il dolore delle vittime della delinquenza organizzata, solo dopo aver fatto questo aprite la bocca e forza BERSANI!!!
lunedì 27 aprile 2020
Pensieri veloci.
Risuonano in una stanza buia note leggere e nostalgiche, segno lontano e opalescente di ricordi che non si cancellano e che tutto sommato è bello rammentare. Essenza di tempi lenti e giocosi a cavallo fra discussioni innocenti e stupide.Tristezza che ti prende e che vivi serenamente perchè non la scacci come con le mosche fastidiose in una giornata afosa.
domenica 26 aprile 2020
Di Montale e di parole abusate.
Non chiederci la parola
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari (…)
In Ossi di Seppia, del 1925, Eugenio Montale sembrava togliere ogni fiducia alla parola, descrivendo l’impossibilità di decifrare l’animo oppurecon le parole e di renderlo sulla carta. Eppure continuava a farlo, come tutti i poeti che lo hanno preceduto e come tutti quelli che verranno, finché esisterà la poesia.
La parola, nella poe0o0solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Dopo la prima guerra mondiale, il poeta si dichiarava così antifascista e innocente e chiariva al lettore di non essere in grado di regalare una parola profetica, cosa che era successaP nel Simbolismo francese, o in D’Annunzio.
Voi, mie parole, tradite invano il morso / secreto, il vento che nel cuore soffia. / La più vera ragione è di chi tace.
Con le parole avviene quindi il tradimento del segreto del nostro essere, scrive ancora Montale in Ossi di seppia.
Albert Mehrabian, psicologo statunitense di origine armena, nel 1967 sosteneva che il 55% delle nostre impressioni e sensazioni sulle persone deriva dai loro movimenti del corpo e il 38% dalla loro voce. Solo al 7% si riduce l’importanza delle parole dette: esse non rimangono molto impresse nella memoria. Il vecchio proverbio italiano allora aveva ragione? “Il silenzio è d’oro, la parola d’argento”. Risuona uguale nella penisola iberica: “La palabra es plata, el silencio oro”.
Eppure, dalla Spagna, il poeta Blas de Otero, di Bilbao, nel 1955 chiedeva:
Pido la paz y la palabra
(tr. Chiedo la pace e la parola)
Questi versi rivendicavano fortemente l’importanza della parola, accostata all’ideale di pace, che comunque la precedeva.
La parola è spesso simbolo della possibilità di partecipazione, è l’espressione di un’opinione e la forma basilare di potere. È con le parole che un politico persuade i suoi elettori, parole abilmente accostate seguendo ancora le antiche regole della Retorica.
L’imperativo “Silenzio!” si sente usare in diversi casi: è un modo per educare i bambini, per dire a qualcuno che le sue opinioni non valgono, per stabilire una priorità, ad esempio durante le lezioni a scuola o nelle sale dei teatri.
Nelle canzoni italiane, la diatriba silenzio/parola ha guidato alcune tra le più belle “poesie in musica” dagli anni ’60 a oggi. “Pensieri e parole” di Lucio Battisti e Mogol ha quel conflitto nel titolo e “La donna cannone” di De Gregori mette al centro dell’amore il silenzio: E senza dire parole nel mio cuore ti porterò.
“Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia (scritta da Ruggeri e Schiavone) fa notare che l’apparenza e quello che si dice possono non corrispondere in pieno all’interiorità. Parole, soltanto parole, parole tra noi, cantava una delusa Mina, negli anni ’70, in una canzone che raccontava la storia di una donna annoiata dalle continue parole del proprio uomo, capace solo di illuderla.
Le mie parole sono sassi: Samuele Bersani, pochi anni fa, dedicava un’intera canzone alle parole, nell’album “Che vita!”.
E nel panorama internazionale abbiamo esempi eccezionali a favore del silenzio: “The sound of silence” di Simon & Garfunkel e il capolavoro dei Depeche Mode, “Enjoy the silence”:
Words are very unnecessary, they can only do hurm.
Ma con le parole, secondo Sigmund Freud, si può guarire dall’ isteria e da altri mali psichici: solo parlando, raccontando i propri stati emotivi e il proprio vissuto, si circoscrive il malessere per farlo uscire da sé.
Con le parole, inoltre, si seduce: lo insegnano Cyrano de Bergerac nella letteratura francese e Le mille e una notte nella letteratura araba, per esempio. Anche Paolo e Francesca si seducono vinti dalle parole di un libro che stanno leggendo insieme, nella Divina Commedia.
La morte è “muta parola”, una parola silenziosa secondo Ungaretti: Morte, muta parola (“Canto Secondo”, 1932), in Sentimento del Tempo.
Con il silenzio risponde l’angelo custode di Rafael Alberti in “Paradiso Perdido”, lirica che apre la raccolta Sobre los angeles (1928). Il poeta chiede al proprio angelo dove si trova il Paradiso, e con rammarico riporta il suo silenzio, lo stesso, d’altronde, di cui si lamentava Santa Teresa d’Avila nella poesia: “Decid, cielos y tierras”.
Silencio. Màs silencio. Scrive ancora Rafael Alberti nella stessa lirica: i suoi tentativi di risvegliare l’angelo, che appare morto, sono seguiti dal silenzio. È motivo ricorrente quello dell’assenza della parola, in questa raccolta del poeta surrealista spagnolo.
Forse, per poter dire davvero se è più importante il silenzio o la parola, dobbiamo fare prima un po’ di silenzio.
venerdì 24 aprile 2020
A proposito di 25 aprile.
Alla maggior parte degli italiani il fascismo piace. Sono fascisti perché derogano i loro problemi, perché non gli piace pensare, pensare è fatica quotidiana. Sono fascisti perché non hanno bisogno del fez e del saluto romano, basta esibire e andare orgogliosi della propria ignoranza. Sono fascisti perché :" fai quel che dico, non quello che faccio". Sono fascisti che " amano " il sacro suolo italico ma poi al Nord dopo gli sporchi islamici e i negri malati e stupratori ci sono i terroni, perché al sud invece tutti borbonici. Sono fascisti perché le tasse le pagano gli altri, i corrotti sono sempre gli altri. Sono fascisti perché neanche la Costituzione riesce a convincerli, sono fascisti perché la Segre invece di portarla in processione la scortano due carabinieri. Sono fascisti perché in fondo quando c'è da metterci la faccia scappano di notte dentro un autoambulanza come il loro idolo. Sono fascisti perché danno fuoco a librerie e pestano gestori di cinema alternativi, sono fascisti perché li spaventa a morte il bimbo di colore che nasce e cresce in Italia perché sempre un " negro " rimane. Sono fascisti perché tante volte basta essere estremisti anche di un altro colore, per scrivere che c'è una setta segreta di " froci " che vuole distruggere la famiglia tradizionale, salvo poi andare a zoccole sulla tangenziale. Sono fascisti perché la " maria " è droga, la " bamba " è un diversivo. Sono fascisti perché sono deboli.
martedì 21 aprile 2020
Lettera aperta a Vittorio Feltri.
Caro Feltri io non ti insulto, se qualche volta l'ho fatto, dicendoti che te la fai spesso sui pantaloni ti chiedo scusa.
Da dove vengo io, profondo sud che più profondo non si può, le persone anziane, non i vecchi rincoglioniti come avrebbe detto e scritto lei con il suo linguaggio colorito, si rispettano perché custodi di memorie e storie.
Lei sta vivendo questa ultima parte della sua vita male, perché ha fatto emergere tutto il peggio che una certa " cultura nordica " ha sempre propagandato, dipingendo il meridionale come brutto, sporco e cattivo ed anche deficiente, nel senso di mancante.
Sa qual è il problema? Che lei, chiuso nella sua bella casa di Bergamo, che tra l'altro è una città bellissima, non riesce o non vuole guardare al di là del suo naso, tranquillo non faccio battute sul suo aspetto fisico.
Lei è come tutte quelle persone che non sono mai uscite dal proprio quartiere, che credono che il sole sorga e tramonti nel proprio recinto geografico e mentale che sicuramente si ferma qualche chilometro prima di Piacenza.
Magari mi sbaglio, magari avrà girato il mondo, ma l'ha fatto con gli occhi, le orecchie e il gusto di chi cerca la polenta a Nairobi o di chi sostiene convinto che il teatro greco di Siracusa, sia da abbattere magari costruendoci sopra un bel capannone utile alla logistica, perché tutti lo sanno, prima gli sghei; d'altronde la cultura è una cosa da ricchioni al limite da meridionali frustrati che studiano per poi insultarti sui social.
Comunque non penso, quando vieni fuori, in tutto il tuo splendore di noto pensatore longobardo, che il tuo sia un problema di arterie poco funzionanti.
Penso piuttosto che in quello che dici e scrivi ci sia del metodo finalizzato alla vendita del tuo giornaletto insignificante.
Conosci bene i tuoi polli, li hai allevati per anni a insulti e razzismo, sai benissimo che più aumenta la quantità di letame, che giornalmente, con maestria degna di menzione spali, più la tua tasca, insieme a quella del tuo editore, che ti permette simili porcherie razziste, si gonfia.
Vedi caro Feltri, prima o poi il conto lo paghiamo tutti, ed ho come l'impressione che il tuo sarà particolarmente salato.
Da dove vengo io, profondo sud che più profondo non si può, le persone anziane, non i vecchi rincoglioniti come avrebbe detto e scritto lei con il suo linguaggio colorito, si rispettano perché custodi di memorie e storie.
Lei sta vivendo questa ultima parte della sua vita male, perché ha fatto emergere tutto il peggio che una certa " cultura nordica " ha sempre propagandato, dipingendo il meridionale come brutto, sporco e cattivo ed anche deficiente, nel senso di mancante.
Sa qual è il problema? Che lei, chiuso nella sua bella casa di Bergamo, che tra l'altro è una città bellissima, non riesce o non vuole guardare al di là del suo naso, tranquillo non faccio battute sul suo aspetto fisico.
Lei è come tutte quelle persone che non sono mai uscite dal proprio quartiere, che credono che il sole sorga e tramonti nel proprio recinto geografico e mentale che sicuramente si ferma qualche chilometro prima di Piacenza.
Magari mi sbaglio, magari avrà girato il mondo, ma l'ha fatto con gli occhi, le orecchie e il gusto di chi cerca la polenta a Nairobi o di chi sostiene convinto che il teatro greco di Siracusa, sia da abbattere magari costruendoci sopra un bel capannone utile alla logistica, perché tutti lo sanno, prima gli sghei; d'altronde la cultura è una cosa da ricchioni al limite da meridionali frustrati che studiano per poi insultarti sui social.
Comunque non penso, quando vieni fuori, in tutto il tuo splendore di noto pensatore longobardo, che il tuo sia un problema di arterie poco funzionanti.
Penso piuttosto che in quello che dici e scrivi ci sia del metodo finalizzato alla vendita del tuo giornaletto insignificante.
Conosci bene i tuoi polli, li hai allevati per anni a insulti e razzismo, sai benissimo che più aumenta la quantità di letame, che giornalmente, con maestria degna di menzione spali, più la tua tasca, insieme a quella del tuo editore, che ti permette simili porcherie razziste, si gonfia.
Vedi caro Feltri, prima o poi il conto lo paghiamo tutti, ed ho come l'impressione che il tuo sarà particolarmente salato.
22 febbraio 2020. Ore 17:45 Lodi.
Sono ore difficili per la città che mi ha adottato.
Tutto corre in maniera anomala, le persone con i carrelli pieni nei supermercati, si guardano, si scrutano, fanno finta che questo sabato sia uno come tutti gli altri.
I medici nelle farmacie ti attendono con mascherine che non sono quelle dei bimbi che si riversano in piazza, maschere da scenario post - atomico.
L'orecchio attentato a intercettare suoni di ambulanze e sirene della polizia che le scortano.
La mia ansia vestita da razionalità cartesiana.
Lo sguardo di madre e donna di mia moglie, la dolce incoscienza del mio piccolo cucciolo, che mi chiede di uscire per fare una passeggiata.
I miei colleghi in "quarantena" che compulsivamente cercano una soluzione a problemi più grandi di loro.
I miei alunni che venerdì mattina ascoltavano sbigottiti, le mie risposte vaghe, a domande piene di legittima voglia di sapere.
Il tempo fermo di una cittadina di provincia a due passi dalla metropoli, sospeso in secondi, minuti e ore senza una visione complessiva del fenomeno.
Ma soprattutto un dolce pensiero alla mia collega che tiene in grembo il suo bimbo e al suo compagno forte e resistente come un gigante, possiate riprendere in mano la vostra vita con la gioia e la voglia di correre che sempre vi ha contraddistinto.
lunedì 20 aprile 2020
Genocidio.
La cosa che più mi fa paura è che ogni mattina quando entro in classe, si materializzi per i ragazzi un vero e proprio massacro delle intelligenze.
Pochi hanno sentore di ciò, l'intelligenza evapora, quello che è il bene più prezioso di una civiltà che vuole guardare al futuro.
La mia non è una sparata bacchettona su quanto erano belli i tempi andati, quando le giornate dei ragazzi erano scandite dalla lettura dei libri e dall'impegno politico- culturale.
Gli adolescenti, almeno una gran parte di loro non capiscono più niente, i processi cognitivi più semplici, come la comprensione ed il riassunto di un piccolo testo, li vedono persi e con gli occhi spalancati.
Non riescono a descriversi, a fare un semplice e riassuntivo resoconto della propria giornata, per non parlare di una elementare operazione matematica o dell' acquisizione della struttura di un altra lingua.
Raccontare la trama di un film, che non sia condita da sparatorie ed inseguimenti, per loro è diventato impossibile, opera quasi titanica.
Ogni classe ha bisogno di docenti di sostegno, ma non per quelli che vengono considerati problemi mentali o fisici gravi, ma semplicemente perché la maggior parte degli studenti non capisce niente, o perché genitori che hanno abdicato dall' unico mestiere che è possibile scegliersi quello genitoriale, preferiscono un certificato che segni la vita del proprio figlio per sempre, alla difficile impresa dell'educazione emotiva e cognitiva.
Questi ragazzi sono appena più inebetiti degli altri che scaldano i banchi per diverse ore al giorno, se raggio di sole si vede è quando hai la fortuna di incontrare ragazzi provenienti da altri paesi e culture meno vecchie e stanche di noi.
Qualcosa nella loro testa si è tragicamente rotto.
Osservo è sono testimone di una immane tragedia, nel silenzio dei più e nel tragico sforzo dei pochi, che ha come orizzonte la limitazione del danno.
domenica 19 aprile 2020
A proposito di elezioni.
Ma chi se ne fotte della Calabria, la Calabria non è Italia, al massimo per i romantici come me è un luogo dello spirito, un ideale mai portato concretamente avanti.
Ma li avete sentiti i cialtroni che pretendono un seggio?
Oppure avete letto sulla grande stampa nazionale di dibattito politico tra Cosenza e Reggio Calabria. Ma chi se ne fotte della Calabria, dei suoi scadenti indicatori economici, delle sue strade interne fatiscenti, dei suoi giovani " studiati " che se ne vanno, tra rimpianti, sogni e dispiaceri genitoriali. Chi se ne fotte dei medici, bravissimi, costretti a lavorare in ospedali fatiscenti, dei docenti che ogni mattina tengono, a costo di enormi sacrifici e rischi, la posizione in zone di frontiera, come moderni soldati nelle trincee della prima guerra Mondiale.
Chi se ne fotte dei disoccupati che muoiono di inedia davanti al bar, delle centinaia di ragazzi che non studiano e non lavorano, di genitori anziani che hanno imparato a convivere con una solitudine devastante.
Chi se ne fotte dello sconforto che prende alla gola chi imperterrito e innamorato continua a parlarne, con un atto estremo di folle amore.
Questa regione d'oriente in pieno occidente, fatta di gente fiera, silenziosa e testarda non fa notizia; nemmeno quando una nutrita schiera di figli di questo estremo lembo dello stivale, decidono che è l'ora di dire basta al malaffare, alla criminalità organizzata, alla politica corrotta, alla massoneria e ai servizi deviati.
Tanto Gratteri è solo un santino da esporre il giorno della festa del santo, è quello delle inchieste " fuffa " vero signor Sgarbi?
Incontri.
Incontri
Avete presente il finto parvenu, che a mezzogiorno e dintorni si materializza tra gli scaffali dei supermercati?
Per intenderci, quello che ha sempre fretta e parla animatamente al telefono con le sue cuffiette hi-tech. Ecco, proprio quello, con il completo Zara acquistato con gli sconti post - natalizi, quello che urla così forte al telefono per informare urbi et orbi, delle mansioni importanti da portare avanti nella sua lunga giornata lavorativa; che di solito corrispondono ad un numero imprecisato di fotocopie.
Uno di questi " soggetti ", buono solo a fare la comparsa nei film di George A. Romero sul risveglio degli zombie, ha appena rimproverato una persona anziana, perché alla cassa non era abbastanza celere nell'imbustare i prodotti acquistati.
Avete presente il finto parvenu, che a mezzogiorno e dintorni si materializza tra gli scaffali dei supermercati?
Per intenderci, quello che ha sempre fretta e parla animatamente al telefono con le sue cuffiette hi-tech. Ecco, proprio quello, con il completo Zara acquistato con gli sconti post - natalizi, quello che urla così forte al telefono per informare urbi et orbi, delle mansioni importanti da portare avanti nella sua lunga giornata lavorativa; che di solito corrispondono ad un numero imprecisato di fotocopie.
Uno di questi " soggetti ", buono solo a fare la comparsa nei film di George A. Romero sul risveglio degli zombie, ha appena rimproverato una persona anziana, perché alla cassa non era abbastanza celere nell'imbustare i prodotti acquistati.
Appelli inascoltati.
Appelli inascoltati.
08/03/2020.
Rimanete fermi ai vostri posti, non si parte.
Lasciate i treni vuoti, non oltrepassate i caselli autostradali, gli aerei rimangano a terra.
Lasciate in pace il mio Sud.
Vi prego emeriti imbecilli, date ai nostri anziani, che sono tanti, il tempo di guardare ancora uno splendido tramonto, di sentire l'odore della zagara e del rosmarino, di godere del chiacchiericcio del mercato domenicale, di star fermi a meditare, rigorosamente in dialetto, nell'ora della controra; delizia e supplizio di un Sud che aspetta ancora la sua stella polare.
Lasciateli godere del buono che c'è.
Rimanete fermi, nella bolla di questo tempo assurdo , riscoprite la lettura, un buon film e magari anche del buon sesso. Cucinate, pensate tanto, che non fa mai male, e riscoprite la solitudine come cura.
Vi prego ragionate, la vostra gente, la mia gente, la nostra terra, non merita l'ennesima atroce ferita su un corpo già martoriato dalle offese e dalle ingiurie dell'uomo.
Non partite!!!
08/03/2020.
Rimanete fermi ai vostri posti, non si parte.
Lasciate i treni vuoti, non oltrepassate i caselli autostradali, gli aerei rimangano a terra.
Lasciate in pace il mio Sud.
Vi prego emeriti imbecilli, date ai nostri anziani, che sono tanti, il tempo di guardare ancora uno splendido tramonto, di sentire l'odore della zagara e del rosmarino, di godere del chiacchiericcio del mercato domenicale, di star fermi a meditare, rigorosamente in dialetto, nell'ora della controra; delizia e supplizio di un Sud che aspetta ancora la sua stella polare.
Lasciateli godere del buono che c'è.
Rimanete fermi, nella bolla di questo tempo assurdo , riscoprite la lettura, un buon film e magari anche del buon sesso. Cucinate, pensate tanto, che non fa mai male, e riscoprite la solitudine come cura.
Vi prego ragionate, la vostra gente, la mia gente, la nostra terra, non merita l'ennesima atroce ferita su un corpo già martoriato dalle offese e dalle ingiurie dell'uomo.
Non partite!!!
Ncunu.
Post che meritano di essere pubblicati.
Danilo Zimatore 26 novembre 2018.
Mettete in ordine casa...." ca NCUNU" può arrivare!
“C'è chi ha la fobia dei ratti, chi dei ragni, chi delle malattie... Il calabrese no, la fobia del calabrese è "ncunu"... Il fantomatico personaggio di fantasia, sapientemente creato dalle menti lungimiranti delle madri e che comincia a torturarti fin dalla tenera età quando i 'prima matina ti tiravano fuori dal letto al suono di "azati e conza u lettu ca si veni ncunu", "dassa a casa bella bella ca si veni ncunu" o al supermercato quando vedevi riempire il cestino con patatine, cioccolate e vari che già pregustavi di assaggiare una volta a casa, ma che al ritorno si smaterializzavano quando tua madre, peggio di un custode della torre, si piazzava davanti o stipo e t'intimava "chisti non si toccanu ca mi servanu si veni ncunu!" Oj mamma, quanto l'ho odiato stu ncunu chi si mangiava tutti i mejju cosi dinda a casa mia e chi m'obbligava u fazzu i servizi. Poi cresci e stu ngunu non si limita a minare la tua serenità in casa: ancora oggi, anche quando esci, tua madre dalla porta sogghigna: "conzati ca si ti vidi ncunu..."... ngunu è ovunque: sa tutto, ti vede, ti segue quandu ti mangi i cioccolatini ammucciuni che teni dinda pe iju e ngiu dici puri a mammata...”
sabato 18 aprile 2020
Tra poesia e prosa.
Alla mia famiglia
Siete poesia, siete prosa e saggistica raffinata, capacità analitica e sguardo sul bello che ci circonda. Siete un quadro dai colori brillanti, una statua dai muscoli in rilievo e ben definiti.
Musica catalogabile, flusso incessante di emozioni che fanno battere il cuore.
Perfetto disegno senza ritratto, arabeschi dai colori caldi e tenui.
Siete pensiero costante e un dolce grave da portare sulle spalle.
Contrasto e armonia sempre cercata, splendida contraddittorietà in un mondo uniforme.
Il tasto di un piano in un singolo secondo di una bellissima melodia, la ritmica del piede di un fuoriclasse keniota.
Anime nere di Francesco Munzi.
Anime nere di Francesco Munzi ,con uno straordinario Peppino Mazzotta, è ciò che un calabrese come me vorrebbe non vedere.
È il substrato malefico di una società guasta senza redenzione, è vedere vanificate le lotte di emancipazione sociale e culturale che i calabresi onesti e tenaci portano avanti da tempo immemore, è il lato più oscuro della metastasi ndranghetista.
Le menti "semplici " e colme di pregiudizi ci vedranno solo il rito tribale della capra sgozzata e arrostita, della povera borghese milanese alquanto ipocrita, intrappolata in un gorgo di violenza cieca; dentro un universo di frasi lasciate a metà, di nenie pseudo religiose cantate da donne di nero vestite per niente alfabetizzate.
Eppure se è vero che uno dei difetti più grandi del popolo calabrese è quello di non sapersi raccontare, sia nel male che nel bene, questa volta il ritratto è limpido e chiaro e ci ricorda anche che nessuno si può tirare indietro dal non guardare in faccia la "malapianta", anche la piccola e insignificante borghese ipocrita del profondo Nord dove la "malapianta" alligna trovando terreno fertilissimo.
Una speranza questo film ci lascia nella scena finale da tragedia greca cruda e diretta come un pugno nello stomaco.
Un fratello che uccide un altro fratello nel tentativo di redimere nel sangue un passato e un presente di dolore e cieca violenza nella speranza mai morta di un raggio di sole.
È il substrato malefico di una società guasta senza redenzione, è vedere vanificate le lotte di emancipazione sociale e culturale che i calabresi onesti e tenaci portano avanti da tempo immemore, è il lato più oscuro della metastasi ndranghetista.
Le menti "semplici " e colme di pregiudizi ci vedranno solo il rito tribale della capra sgozzata e arrostita, della povera borghese milanese alquanto ipocrita, intrappolata in un gorgo di violenza cieca; dentro un universo di frasi lasciate a metà, di nenie pseudo religiose cantate da donne di nero vestite per niente alfabetizzate.
Eppure se è vero che uno dei difetti più grandi del popolo calabrese è quello di non sapersi raccontare, sia nel male che nel bene, questa volta il ritratto è limpido e chiaro e ci ricorda anche che nessuno si può tirare indietro dal non guardare in faccia la "malapianta", anche la piccola e insignificante borghese ipocrita del profondo Nord dove la "malapianta" alligna trovando terreno fertilissimo.
Una speranza questo film ci lascia nella scena finale da tragedia greca cruda e diretta come un pugno nello stomaco.
Un fratello che uccide un altro fratello nel tentativo di redimere nel sangue un passato e un presente di dolore e cieca violenza nella speranza mai morta di un raggio di sole.
Memento.
23 agosto 2016.
Vecchi post sui social.
Cosa non si fa per vendere una copia in più.
Dovreste, se ne avete la capacità, vergognarvi; ma la vergogna è sentimento umano si prova perché si riceve in tenera età educazione ed un minimo di regole.
A voi della Calabria, dei suoi cittadini, non ve ne fotte un cazzo.
Basta spalare letame raccogliendo centinaia di like o vendere qualche copia in più.
Inutile dirvi che siete il trionfo becero del luogo comune, dello stereotipo, tipico di chi della propria pigrizia mentale ha fatto segno distintivo della sua mediocrità e ignoranza.
L' acredine che orgogliosamente mostrate nelle vostre superficiali affermazioni, fa di voi "giornalisti" al soldo del vostro ego ipertrofico e malato.
Voi non sapete niente di quello che è successo, non sapete nemmeno dove si trova la cittadina teatro del tragico avvenimento.
Non conoscete la sua popolazione e la sua storia, per molti versi gloriosa.
Nessuno vuole negare, l'esistenza di sacche di sottosviluppo sociale e culturale; esistono a Nicotera, Calabria, profondo Sud, ed esistono nelle campagne Venete, Lombarde e Piemontesi.
Di quelli però è vietato parlare in ossequio ad una logica colonialista e razzista che vede nel Calabrese il rozzo e bifolco pastore che si oppose a Roma insieme ad Annibale e che continuo la sua lotta qualche secolo dopo opponendosi alle mire imperialiste francesi con quattro cafoni male armati.
P.S. Lettera appena spedita alla rubrica di Furio Colombo sul " Il Fatto Quotidiano".
Vecchi post sui social.
Cosa non si fa per vendere una copia in più.
Dovreste, se ne avete la capacità, vergognarvi; ma la vergogna è sentimento umano si prova perché si riceve in tenera età educazione ed un minimo di regole.
A voi della Calabria, dei suoi cittadini, non ve ne fotte un cazzo.
Basta spalare letame raccogliendo centinaia di like o vendere qualche copia in più.
Inutile dirvi che siete il trionfo becero del luogo comune, dello stereotipo, tipico di chi della propria pigrizia mentale ha fatto segno distintivo della sua mediocrità e ignoranza.
L' acredine che orgogliosamente mostrate nelle vostre superficiali affermazioni, fa di voi "giornalisti" al soldo del vostro ego ipertrofico e malato.
Voi non sapete niente di quello che è successo, non sapete nemmeno dove si trova la cittadina teatro del tragico avvenimento.
Non conoscete la sua popolazione e la sua storia, per molti versi gloriosa.
Nessuno vuole negare, l'esistenza di sacche di sottosviluppo sociale e culturale; esistono a Nicotera, Calabria, profondo Sud, ed esistono nelle campagne Venete, Lombarde e Piemontesi.
Di quelli però è vietato parlare in ossequio ad una logica colonialista e razzista che vede nel Calabrese il rozzo e bifolco pastore che si oppose a Roma insieme ad Annibale e che continuo la sua lotta qualche secolo dopo opponendosi alle mire imperialiste francesi con quattro cafoni male armati.
P.S. Lettera appena spedita alla rubrica di Furio Colombo sul " Il Fatto Quotidiano".
venerdì 17 aprile 2020
Usa e getta.
Sudano per dieci mesi, sono assistenti sociali, guardie carcerarie, pedagogici e surrogati di genitori assenti.
Compilano pdp, pei, verbali dei consigli di classe, preparano lezioni a loro spese, fuori orario e fuori budget.
Coprono centinaia e centinaia di chilometri durante l'anno, in automobili obslete o su mezzi pubblici fatiscenti e pericolosi, alcuni emigrano lasciando vite consolidate e mogli e figli da mantenere.
Hanno curriculum e esperienze di vita da far impallidire Ferdinando Magellano e Umberto Eco.
Coprono buchi che nessuno vuole coprire, sono vilipesi e sminuiti anche da colleghi frustrati che fanno a gara a chi ha il " pene " più lungo, persone che pubblicizzano titoli comprati al mercato delle vacche della grande fiera dell'istruzione.
Chiedono quello che in un qualunque paese civile dell'Occidente democratico e evoluto è pura e semplice normalità, perché non c'è nessun tipo di lavoro, pubblico o privato che ti utilizza per tantissimi anni e poi ti butta via, sulla base di un concorso assurdo fondato su uno sterile e enciclopedico nozionismo fuori dal tempo e dalla storia.
Concorsi che premiano, la maggior parte delle volte, persone prive di ogni tipo di intelligenza emotivo/relazionale.
Poi arrivano ministri e sottosegretari, da trent'anni a questa parte, che non hanno nessun tipo di legittimazione popolare e culturale e iniziano ad offenderli, nella peggiore tradizione italiota che ha come suo unico comandamento, l'eterno e immarcescibile:" fai quel che dico, ma non quel che faccio"
Si dice che in Giappone le uniche persone che hanno la stima e il rispetto dell'imperatore siano i docenti.
Forse è per questo che in Giappone ricostruiscono una città di milioni di abitanti i due settimane, mentre in Italia cadono ponti dopo dieci giorni dall'inaugurazione?
Compilano pdp, pei, verbali dei consigli di classe, preparano lezioni a loro spese, fuori orario e fuori budget.
Coprono centinaia e centinaia di chilometri durante l'anno, in automobili obslete o su mezzi pubblici fatiscenti e pericolosi, alcuni emigrano lasciando vite consolidate e mogli e figli da mantenere.
Hanno curriculum e esperienze di vita da far impallidire Ferdinando Magellano e Umberto Eco.
Coprono buchi che nessuno vuole coprire, sono vilipesi e sminuiti anche da colleghi frustrati che fanno a gara a chi ha il " pene " più lungo, persone che pubblicizzano titoli comprati al mercato delle vacche della grande fiera dell'istruzione.
Chiedono quello che in un qualunque paese civile dell'Occidente democratico e evoluto è pura e semplice normalità, perché non c'è nessun tipo di lavoro, pubblico o privato che ti utilizza per tantissimi anni e poi ti butta via, sulla base di un concorso assurdo fondato su uno sterile e enciclopedico nozionismo fuori dal tempo e dalla storia.
Concorsi che premiano, la maggior parte delle volte, persone prive di ogni tipo di intelligenza emotivo/relazionale.
Poi arrivano ministri e sottosegretari, da trent'anni a questa parte, che non hanno nessun tipo di legittimazione popolare e culturale e iniziano ad offenderli, nella peggiore tradizione italiota che ha come suo unico comandamento, l'eterno e immarcescibile:" fai quel che dico, ma non quel che faccio"
Si dice che in Giappone le uniche persone che hanno la stima e il rispetto dell'imperatore siano i docenti.
Forse è per questo che in Giappone ricostruiscono una città di milioni di abitanti i due settimane, mentre in Italia cadono ponti dopo dieci giorni dall'inaugurazione?
giovedì 16 aprile 2020
Grandi scrittori.Memorie collettive.
Luis Sepúlveda.
Solo grazie. Forse troppo presto, sicuramente troppo presto.
Quando muore uno scrittore come te, resta il rimpianto degli anni che "qualcuno" avrebbe potuto regalarti.
Semplice, immediato, fluente, pieno di tenera nostalgia e soprattutto sempre pronto a raccontare e a farsi conoscere, senza infingimenti o artifici retorici, che non siano quelli della tua enorme voglia di vita, descritta magistralmente in parole mai svuotate di senso, perché sempre "rispettate" ma mai abusate.
mercoledì 15 aprile 2020
Pandemonio.
Passeranno le ore davanti agli schermi. Passerà questo maledettissimo tempo scandito da bollettini di guerra. Nessuno vorrà più controllare quotidianamente questa arida aritmetica della paura fatta di morti, contagiati e percentuali. Tutti rifiuteranno la logica della morte rappresentata da istogrammi dell'orrore quotidianamente pubblicati. Ci verrà la voglia di leggere storie a lieto fine, fino a notte fonda. La voglia di parlarci e guardarci negli occhi,di raccontare a tutti chi siamo. In questo salto temporale tra il prima e il dopo, in mezzo al guado che stiamo attraversando,in questo fiume fatto di ansie e paure, c'è tutta la nostra fragilità di comunità regolata da leggi assurde che ci hanno portato dove siamo. Ma sono ottimista, penso che la natura, nella sua ansia di trovare comunque un equilibrio, abbia bussato per l' ennesima volta alla nostra coscienza. Ci sarà alla fine di questa lunga e estenuante corsa, un ristoro per i nostri corpi fiaccati dalla paura. Ci sarà anche un grande specchio dove guardarsi trascorrendo più tempo e ci sarà, forse, una rivoluzione.
Immagini, creazioni, frammenti e debolezze.
Stornare tristezza è esercizio inutile. Guardarla, accettarla, farla sedere al tuo desco, trattarla bene, può essere utile per ripartire. Quelle sere quando cala il silenzio, quando tutti dormono e piogge monsoniche di ricordi ti bagnano gli occhi;
fotogrammi sfocati riemergono dagli anfratti bui della memoria. Ho sempre pensato, in barba alle convenzioni sociali imperanti, che esprimersi facendo parlare il corpo non sia segno di debolezza e imminente disastro; ed allora nell'erotica estetica delle nostre mani, del nostro fiato smorzato, del nostro sgradevole odore di carne sudata si trova come in una magia la verità di ciò che siamo. Non mi vergogno a dire che dormo poco, non ho paura di aver paura, di pensieri e ricordi belli si vive, non sopporto la locuzione " guardare avanti " sintomo febbrile di un machismo da quattro soldi. Nei periodi come questi, dove tutto cambia, costretti come siamo, dalla nostra insipienza di mignatte succhiaplasma, a rimanere in casa, riscoprendo angoli della nostra storia, succede di incontrare "signora tristezza", artista sublime, insieme a sorella melanconia, di "operazioni a cuore aperto". Cogliete quindi da terra, lì dove l'avete buttata, l'occasione di conoscervi; così senza infingimenti e paure, forse, dopo questa lunga notte dell'umanità, scopriremo di essere migliori.
Le poste. Luogo non luogo, dove tutto può succedere .
L'ufficio postale.
Una gelida giornata di un inverno appena iniziato, arrivo a casa e subito si prospetta una fila interminabile alle poste: la missione è pagare il tanto vituperato canone rai.
Fuori la gelida galaverna ha preso il sopravvento sulle piante stanche e fiaccate da una stagione autunnale strana, che alternava giornate finto estive a umidità e piogge monsoniche mai viste nel catino padano.
Decido forse in maniera affrettata che non è il caso di rimettersi in macchina, dopo la strada provinciale affollata da post giornata di lavoro e coraggiosamente ed incoscientemente a piedi con passo sicuro da militare in pensione, mi avvio verso l'ufficio postale.
Dopo un centinaio di metri, percorsi con sicurezza e cercando di non pensare all'ennesimo fatto scolastico che ha visto protagonisti quelle "simpatiche belve" dei miei alunni, le mie difese immunitarie incominciano pericolosamente e inesorabilmente a cedere il passo a starnuti sempre più frequenti e ad un mal di ossa che in maniera subdola mi dice che forse era meglio coprirsi ed ascoltare i consigli di mia moglie che con la sua solita grazia mi ricordava che non ho più vent'anni.
L'ufficio postale intanto si materializza all'orizzonte io ed il mio bravo bollettino postale targato Agenzia delle entrate di Torino ci infiliamo con passo sicuro in questo edificio risorgimentale ed austero; nella speranza di trovare conforto dopo la passeggiata "salutare" nella gelida nebbia padana.
Da dietro la porta guardo speranzoso all'interno dell'ufficio per capire se lo stesso anche durante le ore che precedono la sera fosse affollato da vecchietti/e speranzose di incontrare qualcuno/a con cui intavolare un discorso sui destini del mondo, su quanto la gioventù odierna fosse maleducata, volgare e inconsistente; mentre ai tempi loro...
Stranamente l'ufficio è semivuoto, due avvocati reazionari stizziti dal fatto che le loro raccomandate non partono immediatamente ma la mattina successiva: - dipendenti pubblici del cazzo, seduti tutta la giornata a non far niente, l'Italia non può funzionare con questi lavativi- fanno finta di non sapere che il lavativo seduto su quella sedia è da una giornata che combatte, per la congrua cifra di mille e duecento euro mensili con persone che vogliono cambiare le loro cinquanta euro a monetine da dieci centesimi, con altre che confondono mittente con destinatario nella compilazione di un modulo, con anziani arrabbiati che dopo minuti e minuti di spiegazione capiscono che la pensione sociale la si prende una volta al mese e non una a settimana- i comunisti, i sindacati, gli extracomunitari è notorio hanno rovinato l'Italia- il tempo scorre guardo distratto queste scene metafora di un Italia sempre uguale a se stessa, i sintomi influenzali da quarantenne finto giovane mi ricordano che forse è meglio sbrigarsi e tornare a casa.
Si materializza a pochi metri il dipendente tardo hippie, che con un sorriso sincero mi comunica a suo modo che la meta è vicina; a questo punto dietro di me una vecchietta con occhi verdi smeraldo e capigliatura ancora fluente nascosta sotto un elegante cappellino sollecita la mia attenzione con un buffetto sulla schiena- mi scusi signore- ed io -mi dica- con quel briciolo di gentilezza rimasta- non mi dica che quello che ha in mano è il versamento per il canone della televisione- gli astanti esplodono in una grossa e grassa risata; la mia stanchezza si trasforma in uno sguardo ebete, in silenzio faccio il mio dovere esco dall'ufficio postale pensando che stasera qualcuno usufruirà di un film datato e scadente o di un documentario targato istituto luce pagato dal sottoscritto.
P.S. "La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile". C. Alvaro
La Lombardia e la debolezza di credersi invincibili.
La Lombardia e la debolezza di credersi invincibili. Gli errori della regione ex feudo di Formigoni e Berlusconi
Questo territorio - scrive Saviano - "ha pagato a caro prezzo le mancanze del suo sistema sanitario misto pubblico-privato". Ecco l'intervento dello scrittore (pubblicato su Le Monde) che ha provocato l'ira di Salvini
di ROBERTO SAVIANOÈ accaduto in Italia che proprio la regione ritenuta più forte, la più efficiente, la più ricca fosse quella meno pronta a fronteggiare la pandemiaportando avanti scelte di cui presto i suoi dirigenti saranno chiamati a rispondere. Nel sistema italiano, le regioni hanno competenza esclusiva in materia sanitaria e la regione Lombardia è capofila, sia per la ricchezza del territorio, che per il connubio pubblico-privato creato dalle amministrazioni di centro-destra, che hanno occupato il potere ininterrottamente negli ultimi due decenni.
La Lombardia è il territorio di Silvio Berlusconi e la Regione era il feudo di Roberto Formigoni, definitivamente condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere per gravi episodi di corruzione, innestatisi proprio sul rapporto tra potere regionale e sanità privata. Ma fino a un mese fa si credeva che quella corruzione fosse solo un incidente di percorso. Ma le cose non stavano così.
Dal mio osservatorio di studioso delle dinamiche criminali, e in particolare del potere delle mafie, ho negli anni osservato come per un settentrionale sia più accettabile pensare che il marcio sia comunque proveniente "da fuori". Eppure, solo dieci anni fa, per aver raccontato nel corso di una trasmissione televisiva quello che era un'ovvietà per ogni investigatore - e cioè che la camorra napoletana e la 'ndrangheta calabrese, seguendo le orme della mafia siciliana, che lo aveva fatto, almeno dagli anni '70, avevano infiltrato l'economia legale del nord - fui attaccato al punto di dover ospitare, coattivamente, alla puntata successiva un monologo dell'allora Ministro degli Interni, Roberto Maroni (predecessore di Matteo Salvini alla guida della Lega Nord), ora fuori dalla politica per vicissitudini giudiziarie.
Dopo poco arrivarono anche le condanne e oggi è un dato assodato che in molte parti del Nord le mafie la facciano da padrone. Qui racconto ciò che so, ciò che accade. Ma con una premessa necessaria: non c'è un sistema sanitario al mondo che si è dimostrato in grado di fronteggiare con prontezza l'emergenza Coronavirus, ad eccezione, forse, per i dati che si conoscono oggi, della Corea del Sud. Per quanto possa apparire paradossale, il punto debole della Lombardia è rappresentato dalla sua dinamicità economica e dal volume di scambi e relazioni con l'estero e, in particolare, con la Cina.
Nelle valli bergamasche falcidiate dal virus (alcuni già adesso parlano di un'intera generazione cancellata) esiste una miriade (migliaia) di piccole aziende, spesso con meno di dieci dipendenti, che però rappresentano un'eccellenza tale da fare di quei distretti industriali una vera locomotiva, non solo per la Regione Lombardia. A un certo punto, però, mentre i media parlavano delle scelte drammatiche che erano rimesse ai medici delle terapie intensive, tra chi intubare e chi lasciar morire, altre scelte venivano fatte e il tema del contendere è stato: chiudere le produzioni, con il rischio di un collasso economico, o mantenere aperto tutto il possibile, sacrificando vite umane? Va da sé che non c'è stato un dibattito pubblico sulla questione, e ci mancherebbe.
La cosa grave è che la Regione Lombardia e il governo centrale si sono passati, nel corso di molte settimane, la patata bollente della decisione di chiudere tutto. Oggi sappiamo che, nel frattempo, per non confinare in casa operai che erano utili alla catena di montaggio e che, soprattutto nel caso di piccole imprese, dovevano e devono decidere tra la vita e il lavoro, si è favorita una massiccia diffusione del contagio, che al di là della parzialità dei dati, restituisce una mortalità, in termini assoluti, spaventosa.
Oggi questa realtà è venuta fuori in tutta la sua gravità, restituendo l'immagine di un territorio nel quale le classi dirigenti hanno deciso a tavolino di "non fermarsi", probabilmente mettendo in conto l'ecatombe, magari puntando sulla sorte.
Quanto sta emergendo sui ritardi nel disporre la zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, nella Bergamasca, e sui ricoveri nelle residenze sanitariein cui si prestano cure agli anziani (RSA) sono questioni sconvolgenti, che non possono non essere messe in connessione con un tasso di letalità del virus che, in quelle zone, è altissima e miete centinaia di vittime ogni giorno. Da molte parti si sta invocando, proprio a causa della crisi lombarda, un passaggio della gestione sanitaria dalle regioni al governo centrale.
Per certi versi, è intuitivo pensare che quanto è accaduto, quindi le "indecisioni", il "rischiare" siano stati frutto di un'eccessiva dipendenza del potere politico regionale rispetto a quello economico-produttivo. Ora che le cose sono andate malissimo, il rischio concreto è che chi ha deciso queste "strategie" criminali possa avere interesse a occultare le proprie responsabilità. Il tasso di letalità del virus in Lombardia è frutto soprattutto delle scelte fallimentari compiute da una classe dirigente mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente se non ci fosse un'emergenza drammatica in corso. Ma mentre oggi le sirene delle ambulanze coprono ancora le voci dei familiari delle persone lasciate morire a causa di una sequela di errori che hanno aggravato l'effetto dirompente del contagio, tra poco sarà il tempo di processare chi è venuto meno ai suoi doveri.
Il caso lombardo assume peraltro una connotazione ancora più oscura se raffrontato a quello della regione confinante, il Veneto, che pure a fronte di una popolazione assai inferiore (circa la metà), ma caratterizzato da una simile vivacità sul piano economico, ha affrontato la crisi in maniera completamente differente e, ad oggi, più efficace.
Per quello che ora sappiamo, tra Lombardia e Veneto (entrambe governate dalla Lega) esiste una differenza di approccio all'epidemia che è quantificabile nel numero di persone che hanno perso la vita - 10mila in Lombardia vs meno di 1.000 in Veneto - a fronte di un numero di tamponi eseguiti pressappoco identico (quasi 170mila).
Il Veneto, a differenza della Lombardia, ha puntato molto sul tracciamento degli asintomatici per individuare ogni focolaio, per poi agire con prontezza sigillando i territori per impedire l'espansione del contagio. A differenza della Lombardia - dove il virus (come in molte altre parti del mondo, ma non con una tale intensità) ha visto crescere il contagio anche a causa della impreparazione al fenomeno dei piccoli ospedali sul territorio - il Veneto ha provato a ridurre l'ospedalizzazione dei malati (salve, ovviamente, le ipotesi gravi), privilegiando l'assistenza domiciliare.
La Lombardia, di fronte a una crisi senz'altro non prevedibile nella sua velocità di diffusione, ha pagato soprattutto per i deficit organizzativi che il sistema misto pubblico-privato - fino ad allora considerato, anche a ragione, dato che ogni anno migliaia di persone da altre regioni vi si recavano per cure, il meglio possibile - ha mostrato: a fronte di grandi eccellenze, un livello medio piuttosto basso sul piano organizzativo (fondamentale, a tal proposito, leggere la lettera che la FROMCeO Lombardia e cioè la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha inviato ai vertici della Regione stigmatizzando l'incertezza nella chiusura di alcune zone, la mancanza di mascherine e dispositivi di protezione e i pochi tamponi effettuati) e un dominio incontrastato della politica e dei gruppi di potere.
Un esempio per comprendere questa dinamica è quello di Comunione e Liberazione, un'associazione cattolica della quale, fino alla condanna definitiva, il corrotto Roberto Formigoni era uomo di punta. Comunione e Liberazione è potentissima in Lombardia e detta legge; basti pensare alla percentuale maggioritaria, nelle strutture pubbliche, di medici antiabortisti e della difficoltà che la maggior parte delle donne trova a farsi prescrivere la pillola abortiva, nonostante sia previsto dalla legge: la "tecnica" elusiva è semplice.
I medici obiettori di coscienza hanno molte più possibilità di fare carriera rispetto a quelli non obiettori. Come si potesse, anche ieri, ascrivere questa dinamica mafiosa al concetto di efficienza è stato per me sempre un mistero. E dispiace che i lombardi debbano rendersi conto oggi, sulla pelle loro e dei loro cari, dell'anomalia di certe dinamiche, che lungi dal rappresentare eccezione gettano una luce sinistra sulla regola seguita in generale.
Vedete, nascere e crescere al Sud Italia, uno dei territori viceversa più poveri d'Europa (con un pil in molte parti inferiore a quello della Grecia), ti dà gli strumenti per capire oggi cosa accadrà domani.
E quello che è accaduto in Lombardia e in Veneto, che sono state le prime zone in Europa colpite dal Covid-19, è di vitale importanza per il resto del continente perché mostra due approcci differenti e indica esattamente, nel caso della Lombardia, cosa non fare, come non agire, come non comunicare.
Ma le colpe non sono solo del centro-destra al potere, poiché viceversa le città di Bergamo e Milano sono amministrate dal centro-sinistra. Ma il virus è arrivato a scoprire l'assoluta inadeguatezza di un approccio economicista e manageriale della cosa pubblica che caratterizza un territorio ricchissimo, nel quale il lavoro è un imperativo e la dimensione individualistica è accentuata fino al parossismo.
Le biografie stesse dei sindaci di centro-sinistra di Milano e di Bergamo aiutano a comprendere le falle nella gestione delle prime fasi dell'emergenza. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è un uomo di estrazione di centro-destra assurto alle cronache per la gestione dell'evento EXPO 2015, mentre quello di Bergamo, Giorgio Gori, è stato per lunghissimo tempo un uomo di punta dell'azienda televisiva di proprietà di Silvio Berlusconi.
Entrambi hanno sottovalutato al principio l'emergenza sanitaria, preoccupandosi solo delle possibili ricadute economiche. Non solo hanno provato in tutti i modi a non "fermare le macchine", ma hanno addirittura invitato i cittadini, nonostante l'epidemia in corso, a prendere parte alla vita di comunità, assecondando in tutto i desiderata del comparto produttivo, che non riusciva a vedere nel lockdown una alternativa di vita praticabile e che, a questo punto, dobbiamo ritenere sia l'unico riferimento nella loro azione amministrativa.
Il paradosso di questa crisi sembra quasi delineare un insegnamento filosofico. Proprio i politici a capo della regione che si è sempre vantata di aver fatto tutto da sé e che negli ultimi trent'anni ha chiesto sempre maggiore autonomia - il partito più forte del Nord, la Lega, prima di essere sovranista era, fino a pochissimi anni fa, secessionista - lamentando il peso dell'improduttivo meridione (però formidabile serbatoio di "risorse umane", come direbbe un manager), che ha sempre deprecato ogni accentramento e ogni decisione presa dalla inconcludente e disorganizzata Roma, in questa emergenza hanno finto per dare la responsabilità delle proprie indecisioni, e delle conseguenti omissioni, al governo centrale. Che avrebbe dovuto decidere al posto loro, levandogli le castagne dal fuoco: davvero disonorevole, oltre che criminale.
L'Europa - e il resto del mondo - sta affrontando un momento estremamente delicato in cui si deciderà davvero del suo futuro. È stato detto molte volte, ma questa è quella definitiva, perché oggi in Europa non si decide solo il destino del continente e dei paesi che ne fanno parte, ma si decide soprattutto del destino di tutte le persone che ci vivono e ci vivranno, anche di chi non è ancora nato.
Perché è bene dirlo: oggi si sta decidendo di condannare le future generazioni di buona parte dell'Europa a pagare i debiti contratti dai propri genitori a causa di una forza maggiore. E anche questo è assai poco onorevole, soprattutto per quei piccoli paesi che sottraggono risorse ad altri attraverso il dumping fiscale. Un mondo che è risorto dalle macerie della seconda guerra mondiale, del nazismo e del fascismo, dei campi di sterminio, dei totalitarismi comunisti per giungere alla sublimazione del contabile al posto del politico. Che disonore: non oso immaginare quale trattamento riserverebbero i padri dell'Europa a questi mediocri che credono che gli Stati siano delle aziende e le persone dei numeri da inserire in un bilancio.
Penso a Helmut Kohl e al coraggio che ebbe a riunire la Germania per condurla in un'Europa libera e solidale e al sostegno che trovò nei partner europei. Ma Kohl è morto e con lui, probabilmente, l'ultima idea nobile di Europa.
Se penso alla Germania, non posso non pensare alla nostra Lombardia. Non posso non pensare che l'operosa Germania, in qualche modo, stia all'Europa come l'operosa Lombardia sta all'Italia. E mi torna in mente Scurati che ha descritto il milanese al tempo del Covid-19 come un animale spaventato, atterrito dalle sicurezze perse nel giro di poche, pochissime settimane: la debolezza insita nel credersi invincibili. Che senso ha l'efficienza senza la solidarietà: forse è lì, ancora, la differenza tra l'uomo e la macchina.
I vertici della Regione Lombardia hanno sbagliato ad aver assecondato Confindustria lombarda, il cui presidente, Marco Bonometti in un'intervista ha difeso la scelta di non aver chiuso fabbriche dicendo: "Però ora non farei il processo alle intenzioni, bisogna salvare il salvabile, altrimenti saremo morti prima e saremo morti dopo". Argomento da industriale, senz'altro; ma la Politica, quella con la P maiuscola, è altro e certo non possono farla gli industriali. Ma essere arrivati al dilemma: se morire prima, fisicamente, e morire poi, economicamente, fa capire bene la sfida posta dal virus alla politica europea, prima che italiana.
Forse, ma non ne sono certo, c'è ancora spazio per uscire dalla pandemia per seguire un'utopia: riscoprire che produttività e conti correnti valgono meno delle persone, riscoprire che allargare diritti, espanderli, significa salvarci tutti. Riscoprire ora che una politica che decide solo seguendo l'odore del denaro è una politica che genera morte e non ricchezza. E che dice a chiare lettere: "l'Europa non esiste più e oggi è un nuovo 1945". Io spero che gli uomini di buona volontà non lo permetteranno.
La Lombardia è il territorio di Silvio Berlusconi e la Regione era il feudo di Roberto Formigoni, definitivamente condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere per gravi episodi di corruzione, innestatisi proprio sul rapporto tra potere regionale e sanità privata. Ma fino a un mese fa si credeva che quella corruzione fosse solo un incidente di percorso. Ma le cose non stavano così.
Dal mio osservatorio di studioso delle dinamiche criminali, e in particolare del potere delle mafie, ho negli anni osservato come per un settentrionale sia più accettabile pensare che il marcio sia comunque proveniente "da fuori". Eppure, solo dieci anni fa, per aver raccontato nel corso di una trasmissione televisiva quello che era un'ovvietà per ogni investigatore - e cioè che la camorra napoletana e la 'ndrangheta calabrese, seguendo le orme della mafia siciliana, che lo aveva fatto, almeno dagli anni '70, avevano infiltrato l'economia legale del nord - fui attaccato al punto di dover ospitare, coattivamente, alla puntata successiva un monologo dell'allora Ministro degli Interni, Roberto Maroni (predecessore di Matteo Salvini alla guida della Lega Nord), ora fuori dalla politica per vicissitudini giudiziarie.
Dopo poco arrivarono anche le condanne e oggi è un dato assodato che in molte parti del Nord le mafie la facciano da padrone. Qui racconto ciò che so, ciò che accade. Ma con una premessa necessaria: non c'è un sistema sanitario al mondo che si è dimostrato in grado di fronteggiare con prontezza l'emergenza Coronavirus, ad eccezione, forse, per i dati che si conoscono oggi, della Corea del Sud. Per quanto possa apparire paradossale, il punto debole della Lombardia è rappresentato dalla sua dinamicità economica e dal volume di scambi e relazioni con l'estero e, in particolare, con la Cina.
Nelle valli bergamasche falcidiate dal virus (alcuni già adesso parlano di un'intera generazione cancellata) esiste una miriade (migliaia) di piccole aziende, spesso con meno di dieci dipendenti, che però rappresentano un'eccellenza tale da fare di quei distretti industriali una vera locomotiva, non solo per la Regione Lombardia. A un certo punto, però, mentre i media parlavano delle scelte drammatiche che erano rimesse ai medici delle terapie intensive, tra chi intubare e chi lasciar morire, altre scelte venivano fatte e il tema del contendere è stato: chiudere le produzioni, con il rischio di un collasso economico, o mantenere aperto tutto il possibile, sacrificando vite umane? Va da sé che non c'è stato un dibattito pubblico sulla questione, e ci mancherebbe.
La cosa grave è che la Regione Lombardia e il governo centrale si sono passati, nel corso di molte settimane, la patata bollente della decisione di chiudere tutto. Oggi sappiamo che, nel frattempo, per non confinare in casa operai che erano utili alla catena di montaggio e che, soprattutto nel caso di piccole imprese, dovevano e devono decidere tra la vita e il lavoro, si è favorita una massiccia diffusione del contagio, che al di là della parzialità dei dati, restituisce una mortalità, in termini assoluti, spaventosa.
Oggi questa realtà è venuta fuori in tutta la sua gravità, restituendo l'immagine di un territorio nel quale le classi dirigenti hanno deciso a tavolino di "non fermarsi", probabilmente mettendo in conto l'ecatombe, magari puntando sulla sorte.
Quanto sta emergendo sui ritardi nel disporre la zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, nella Bergamasca, e sui ricoveri nelle residenze sanitariein cui si prestano cure agli anziani (RSA) sono questioni sconvolgenti, che non possono non essere messe in connessione con un tasso di letalità del virus che, in quelle zone, è altissima e miete centinaia di vittime ogni giorno. Da molte parti si sta invocando, proprio a causa della crisi lombarda, un passaggio della gestione sanitaria dalle regioni al governo centrale.
Per certi versi, è intuitivo pensare che quanto è accaduto, quindi le "indecisioni", il "rischiare" siano stati frutto di un'eccessiva dipendenza del potere politico regionale rispetto a quello economico-produttivo. Ora che le cose sono andate malissimo, il rischio concreto è che chi ha deciso queste "strategie" criminali possa avere interesse a occultare le proprie responsabilità. Il tasso di letalità del virus in Lombardia è frutto soprattutto delle scelte fallimentari compiute da una classe dirigente mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente se non ci fosse un'emergenza drammatica in corso. Ma mentre oggi le sirene delle ambulanze coprono ancora le voci dei familiari delle persone lasciate morire a causa di una sequela di errori che hanno aggravato l'effetto dirompente del contagio, tra poco sarà il tempo di processare chi è venuto meno ai suoi doveri.
Il caso lombardo assume peraltro una connotazione ancora più oscura se raffrontato a quello della regione confinante, il Veneto, che pure a fronte di una popolazione assai inferiore (circa la metà), ma caratterizzato da una simile vivacità sul piano economico, ha affrontato la crisi in maniera completamente differente e, ad oggi, più efficace.
Per quello che ora sappiamo, tra Lombardia e Veneto (entrambe governate dalla Lega) esiste una differenza di approccio all'epidemia che è quantificabile nel numero di persone che hanno perso la vita - 10mila in Lombardia vs meno di 1.000 in Veneto - a fronte di un numero di tamponi eseguiti pressappoco identico (quasi 170mila).
Il Veneto, a differenza della Lombardia, ha puntato molto sul tracciamento degli asintomatici per individuare ogni focolaio, per poi agire con prontezza sigillando i territori per impedire l'espansione del contagio. A differenza della Lombardia - dove il virus (come in molte altre parti del mondo, ma non con una tale intensità) ha visto crescere il contagio anche a causa della impreparazione al fenomeno dei piccoli ospedali sul territorio - il Veneto ha provato a ridurre l'ospedalizzazione dei malati (salve, ovviamente, le ipotesi gravi), privilegiando l'assistenza domiciliare.
La Lombardia, di fronte a una crisi senz'altro non prevedibile nella sua velocità di diffusione, ha pagato soprattutto per i deficit organizzativi che il sistema misto pubblico-privato - fino ad allora considerato, anche a ragione, dato che ogni anno migliaia di persone da altre regioni vi si recavano per cure, il meglio possibile - ha mostrato: a fronte di grandi eccellenze, un livello medio piuttosto basso sul piano organizzativo (fondamentale, a tal proposito, leggere la lettera che la FROMCeO Lombardia e cioè la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha inviato ai vertici della Regione stigmatizzando l'incertezza nella chiusura di alcune zone, la mancanza di mascherine e dispositivi di protezione e i pochi tamponi effettuati) e un dominio incontrastato della politica e dei gruppi di potere.
Un esempio per comprendere questa dinamica è quello di Comunione e Liberazione, un'associazione cattolica della quale, fino alla condanna definitiva, il corrotto Roberto Formigoni era uomo di punta. Comunione e Liberazione è potentissima in Lombardia e detta legge; basti pensare alla percentuale maggioritaria, nelle strutture pubbliche, di medici antiabortisti e della difficoltà che la maggior parte delle donne trova a farsi prescrivere la pillola abortiva, nonostante sia previsto dalla legge: la "tecnica" elusiva è semplice.
I medici obiettori di coscienza hanno molte più possibilità di fare carriera rispetto a quelli non obiettori. Come si potesse, anche ieri, ascrivere questa dinamica mafiosa al concetto di efficienza è stato per me sempre un mistero. E dispiace che i lombardi debbano rendersi conto oggi, sulla pelle loro e dei loro cari, dell'anomalia di certe dinamiche, che lungi dal rappresentare eccezione gettano una luce sinistra sulla regola seguita in generale.
Vedete, nascere e crescere al Sud Italia, uno dei territori viceversa più poveri d'Europa (con un pil in molte parti inferiore a quello della Grecia), ti dà gli strumenti per capire oggi cosa accadrà domani.
E quello che è accaduto in Lombardia e in Veneto, che sono state le prime zone in Europa colpite dal Covid-19, è di vitale importanza per il resto del continente perché mostra due approcci differenti e indica esattamente, nel caso della Lombardia, cosa non fare, come non agire, come non comunicare.
Ma le colpe non sono solo del centro-destra al potere, poiché viceversa le città di Bergamo e Milano sono amministrate dal centro-sinistra. Ma il virus è arrivato a scoprire l'assoluta inadeguatezza di un approccio economicista e manageriale della cosa pubblica che caratterizza un territorio ricchissimo, nel quale il lavoro è un imperativo e la dimensione individualistica è accentuata fino al parossismo.
Le biografie stesse dei sindaci di centro-sinistra di Milano e di Bergamo aiutano a comprendere le falle nella gestione delle prime fasi dell'emergenza. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è un uomo di estrazione di centro-destra assurto alle cronache per la gestione dell'evento EXPO 2015, mentre quello di Bergamo, Giorgio Gori, è stato per lunghissimo tempo un uomo di punta dell'azienda televisiva di proprietà di Silvio Berlusconi.
Entrambi hanno sottovalutato al principio l'emergenza sanitaria, preoccupandosi solo delle possibili ricadute economiche. Non solo hanno provato in tutti i modi a non "fermare le macchine", ma hanno addirittura invitato i cittadini, nonostante l'epidemia in corso, a prendere parte alla vita di comunità, assecondando in tutto i desiderata del comparto produttivo, che non riusciva a vedere nel lockdown una alternativa di vita praticabile e che, a questo punto, dobbiamo ritenere sia l'unico riferimento nella loro azione amministrativa.
Il paradosso di questa crisi sembra quasi delineare un insegnamento filosofico. Proprio i politici a capo della regione che si è sempre vantata di aver fatto tutto da sé e che negli ultimi trent'anni ha chiesto sempre maggiore autonomia - il partito più forte del Nord, la Lega, prima di essere sovranista era, fino a pochissimi anni fa, secessionista - lamentando il peso dell'improduttivo meridione (però formidabile serbatoio di "risorse umane", come direbbe un manager), che ha sempre deprecato ogni accentramento e ogni decisione presa dalla inconcludente e disorganizzata Roma, in questa emergenza hanno finto per dare la responsabilità delle proprie indecisioni, e delle conseguenti omissioni, al governo centrale. Che avrebbe dovuto decidere al posto loro, levandogli le castagne dal fuoco: davvero disonorevole, oltre che criminale.
L'Europa - e il resto del mondo - sta affrontando un momento estremamente delicato in cui si deciderà davvero del suo futuro. È stato detto molte volte, ma questa è quella definitiva, perché oggi in Europa non si decide solo il destino del continente e dei paesi che ne fanno parte, ma si decide soprattutto del destino di tutte le persone che ci vivono e ci vivranno, anche di chi non è ancora nato.
Perché è bene dirlo: oggi si sta decidendo di condannare le future generazioni di buona parte dell'Europa a pagare i debiti contratti dai propri genitori a causa di una forza maggiore. E anche questo è assai poco onorevole, soprattutto per quei piccoli paesi che sottraggono risorse ad altri attraverso il dumping fiscale. Un mondo che è risorto dalle macerie della seconda guerra mondiale, del nazismo e del fascismo, dei campi di sterminio, dei totalitarismi comunisti per giungere alla sublimazione del contabile al posto del politico. Che disonore: non oso immaginare quale trattamento riserverebbero i padri dell'Europa a questi mediocri che credono che gli Stati siano delle aziende e le persone dei numeri da inserire in un bilancio.
Penso a Helmut Kohl e al coraggio che ebbe a riunire la Germania per condurla in un'Europa libera e solidale e al sostegno che trovò nei partner europei. Ma Kohl è morto e con lui, probabilmente, l'ultima idea nobile di Europa.
Se penso alla Germania, non posso non pensare alla nostra Lombardia. Non posso non pensare che l'operosa Germania, in qualche modo, stia all'Europa come l'operosa Lombardia sta all'Italia. E mi torna in mente Scurati che ha descritto il milanese al tempo del Covid-19 come un animale spaventato, atterrito dalle sicurezze perse nel giro di poche, pochissime settimane: la debolezza insita nel credersi invincibili. Che senso ha l'efficienza senza la solidarietà: forse è lì, ancora, la differenza tra l'uomo e la macchina.
I vertici della Regione Lombardia hanno sbagliato ad aver assecondato Confindustria lombarda, il cui presidente, Marco Bonometti in un'intervista ha difeso la scelta di non aver chiuso fabbriche dicendo: "Però ora non farei il processo alle intenzioni, bisogna salvare il salvabile, altrimenti saremo morti prima e saremo morti dopo". Argomento da industriale, senz'altro; ma la Politica, quella con la P maiuscola, è altro e certo non possono farla gli industriali. Ma essere arrivati al dilemma: se morire prima, fisicamente, e morire poi, economicamente, fa capire bene la sfida posta dal virus alla politica europea, prima che italiana.
Forse, ma non ne sono certo, c'è ancora spazio per uscire dalla pandemia per seguire un'utopia: riscoprire che produttività e conti correnti valgono meno delle persone, riscoprire che allargare diritti, espanderli, significa salvarci tutti. Riscoprire ora che una politica che decide solo seguendo l'odore del denaro è una politica che genera morte e non ricchezza. E che dice a chiare lettere: "l'Europa non esiste più e oggi è un nuovo 1945". Io spero che gli uomini di buona volontà non lo permetteranno.
martedì 14 aprile 2020
Diario ai tempi del mostro.
https://www.nextquotidiano.it/rsa-santa-chiara-di-lodi-strage-anziani-silenzio-sara-casanova/?fbclid=IwAR2DF-1ixjK9V8IApApN3NpqdR9U63WF3X9uCzdjWcRBOjM_Z-t5q36PQ-4
Assordante silenzio. Assurde assenze dal proscenio della politica, che tanto piace quando si tratta di esserci per il gusto di esserci.
La ricerca della verità è un atto dovuto, prendere posizione è un atto dovuto, il resto è silenzio che fa rumore, troppo rumore da non poterlo sopportare.
Ora e subito per Lodi, per i cittadini che pagano le tasse, ma soprattutto per il "prezioso bagaglio di memorie scomparse".
Prima che vecchi da rottamare, ci sono storie vissute, sguardi e emozioni di persone in carne e ossa da difendere.
Il coraggio, per chi governa una città capoluogo di provincia a due passi dalle " grande Milano " è un atto dovuto.
Anche se : " Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare", dice Manzoni giustificando il personaggio di Don Abbondio, nel capitolo XXV de I promessi sposi.
I
Assordante silenzio. Assurde assenze dal proscenio della politica, che tanto piace quando si tratta di esserci per il gusto di esserci.
La ricerca della verità è un atto dovuto, prendere posizione è un atto dovuto, il resto è silenzio che fa rumore, troppo rumore da non poterlo sopportare.
Ora e subito per Lodi, per i cittadini che pagano le tasse, ma soprattutto per il "prezioso bagaglio di memorie scomparse".
Prima che vecchi da rottamare, ci sono storie vissute, sguardi e emozioni di persone in carne e ossa da difendere.
Il coraggio, per chi governa una città capoluogo di provincia a due passi dalle " grande Milano " è un atto dovuto.
Anche se : " Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare", dice Manzoni giustificando il personaggio di Don Abbondio, nel capitolo XXV de I promessi sposi.
I
Sprazzi di luce in mezzo alla tempesta.
Diario minimo dal Nord.Impressioni, sensazioni, emozioni ai tempi del mostro.
22 febbraio ore 17:45
Sono ore difficili per la città che mi ha adottato. Tutto corre in maniera anomala, le persone con i carrelli pieni nei supermercati, si guardano, si scrutano,fanno finta che questo sabato sia uno come tutti gli altri.I medici nelle farmacie ti attendono con mascherine che non sono quelle dei bimbi che si riversano in piazza, maschere da scenario post - atomico.L'orecchio attento a intercettare suoni di ambulanze e sirene della polizia che le scortano.La mia ansia vestita da razionalità cartesiana, lo sguardo di madre e donna di mia moglie, la dolce incoscienza del mio piccolo cucciolo, che mi chiede di uscire per fare una passeggiata.I miei colleghi in "quarantena" che compulsivamente cercano una soluzione a problemi più grandi di loro.I miei alunni che venerdì mattina ascoltavano sbigottiti, le mie risposte vaghe, a domande piene di legittima voglia di sapere.Il tempo fermo di una cittadina di provincia a due passi dalla metropoli, sospeso in secondi, minuti e ore senza una visione complessiva del fenomeno.Ma soprattutto un dolce pensiero alla mia collega che tiene in grembo la sua bimba, e al suo compagno forte e resistente come un gigante, possiate riprendere in mano la vostra vita con la gioia e la voglia di correre che sempre vi ha contraddistinto.
24 febbraio ore 21:42
Avviso per i miei amici/contatti che abitano al Sud. La zona rossa è presidiata egregiamente dalle forze dell'ordine.Post scriptum. Comunque non mi piacciono proprio le affermazioni razziste contro i settentrionali.Noi siamo diversi, siamo meridionali, cosmopoliti e con una storia millenaria alle spalle.
25 febbraio ore 11:10
E' tutto un fiorire di epidemiologi, virologi, storici allievi di Jacques Le Goff, esperti di epidemie mortali sviluppatesi nel corso dei secoli, di personaggi con smanie neo - identitarie borboniche, di sciacalli e iene esperti di flussi migratori e statistiche demografiche, di chi non perde occasione per condurre squallide battaglie politiche, utilizzando l'ignoranza come benzina e la rete come motore.Mi state facendo ammazzare dalle risate. Fate una cosa , spegnete lo smartphone e non rompete le p...
26 febbraio ore 13:44
Il meridionale razzista, ossimoro vivente, il destrutturato culturale, per intenderci quello che pensa di far parte del club degli eletti, solo perché dopo di lui ci sono negri e musulmani, quello che in questi giorni inonda i social di sarcasmo idiota sul corona virus al Nord, quanto schifo fa da uno a dieci?Lo ripeto, siamo eredi diretti di grandi civiltà, cosmopoliti e portatori di storia e tradizioni eterne, non comportiamoci come un idiota qualunque.
1 marzo ore 16:27
Sono giorni di calma apparente, scanditi da secondi, minuti e ore che non corrono.Giorni di televisori accesi, di tempo passato a guardare da dietro le finestre di casa, altre finestre di altre case, popolate da altre anime, che come la tua vagano in cerca di risposte a domande sempre più confuse.Stranamente questa pianura, tendenzialmente ferma nel suo tempo eterno, rimane stordita da una moltitudine di telecamere accese,che dal resto dell'orbe terracqueo, cercano quello che una grigia umanità non le può dare.Penso ai cancelli sbarrati dell'ospedale, improvvisamente diventati ponti levatoi, che difendono poveri corpi assaliti da questo strano e impalpabile virus dal nome così poco originale.Penso alle operose formiche di questa pianura, a cavallo tra la metropoli più europea e cosmopolita della nostra penisola e la " pesante e affascinante pianura stampata di filari e rogge" descritta magistralmente dal Guido Piovene del - Viaggio in Italia -.Un turbinio di emozioni disturbato da una popolazione sbandata, che impigliata nella nassa di una "rete" sempre più asfittica e cattiva, sfoga frustrazioni represse senza limiti geografici alcuni.Sono giorni che servono, perché è giusto ripensare a ciò che siamo, a ciò che saremo dopo il passaggio di questa improvvisa buriana.Immobili, grassi e sicuri è giusto porsi domande:del perché, un giorno, una misteriosa entità invisibile ha spento nel tempo breve di un battito cardiaco, la nostra presunta superiorità di homo sapiens; perché se è vero che sappiamo utilizzare la natura con tutto quello che nel corso dei secoli ci ha offerto, è anche vero che l'abbiamo fatto male.
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L' arte di correre.
Cos'è il talento? Cos'è la creatività? Un libro che racconta e descrive come vive uno scrittore maratoneta. Una persona determinata,...
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Da giorni Lucio non riusciva a capire il perché di questo strano fenomeno meteorologico, in quella pianura uniforme circondata d...
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Buon natale al precario senza stipendio ma con la passione nel cuore. Al cassaintegrato cinquantenne che compila le mad e mentre lo guardi t...
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Carissimo Papà. Se dovessi parlare di te a chi non ti conosce, in mezzo al turbinio di emozioni e stanchezza di questi giorni bui, direi che...