Anime nere di Francesco Munzi ,con uno straordinario Peppino Mazzotta, è ciò che un calabrese come me vorrebbe non vedere.
È il substrato malefico di una società guasta senza redenzione, è vedere vanificate le lotte di emancipazione sociale e culturale che i calabresi onesti e tenaci portano avanti da tempo immemore, è il lato più oscuro della metastasi ndranghetista.
Le menti "semplici " e colme di pregiudizi ci vedranno solo il rito tribale della capra sgozzata e arrostita, della povera borghese milanese alquanto ipocrita, intrappolata in un gorgo di violenza cieca; dentro un universo di frasi lasciate a metà, di nenie pseudo religiose cantate da donne di nero vestite per niente alfabetizzate.
Eppure se è vero che uno dei difetti più grandi del popolo calabrese è quello di non sapersi raccontare, sia nel male che nel bene, questa volta il ritratto è limpido e chiaro e ci ricorda anche che nessuno si può tirare indietro dal non guardare in faccia la "malapianta", anche la piccola e insignificante borghese ipocrita del profondo Nord dove la "malapianta" alligna trovando terreno fertilissimo.
Una speranza questo film ci lascia nella scena finale da tragedia greca cruda e diretta come un pugno nello stomaco.
Un fratello che uccide un altro fratello nel tentativo di redimere nel sangue un passato e un presente di dolore e cieca violenza nella speranza mai morta di un raggio di sole.
Esigenza di raccontarsi in maniera disordinata. Voglia di comunicare, anche quando non farlo sarebbe meglio. Tensioni da scaricare, flusso di coscienza come cura e tanta voglia di lasciare, magari solo per un secondo,un attimo di riflessione. Alla fine siamo quello che "scriviamo". Parole usate con cautela e rispetto,questo il principio che mi guida. Buona lettura!!!
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