martedì 21 aprile 2020

22 febbraio 2020. Ore 17:45 Lodi.

Sono ore difficili per la città che mi  ha adottato.
 Tutto corre in maniera anomala, le persone con i carrelli pieni nei supermercati, si guardano, si scrutano, fanno finta che questo sabato sia uno come tutti gli altri.
 I medici nelle farmacie ti attendono con mascherine che non sono quelle dei bimbi che si riversano in piazza, maschere da scenario post - atomico. 
L'orecchio attentato a intercettare  suoni di ambulanze e sirene della polizia che le scortano.
 La mia ansia vestita da razionalità cartesiana. 
Lo sguardo di madre e donna di mia moglie, la dolce incoscienza del mio piccolo cucciolo, che mi chiede di uscire per fare una passeggiata.
 I miei colleghi in "quarantena"  che compulsivamente cercano una soluzione a problemi più grandi di loro. 
I miei alunni che venerdì mattina ascoltavano sbigottiti, le mie risposte vaghe, a domande piene di legittima voglia di sapere.
 Il tempo fermo di una cittadina di provincia a due passi dalla metropoli, sospeso in secondi, minuti e ore senza una visione complessiva del fenomeno.
 Ma soprattutto un dolce pensiero alla mia collega che tiene in grembo il suo bimbo e al suo compagno forte e resistente come un gigante, possiate riprendere in mano la vostra vita con la gioia e  la voglia di correre  che sempre vi ha contraddistinto.

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