Bisognerebbe imparare a volare, poter guardare tutto e tutti dall'alto. Bisognerebbe introiettare nell'animo nostro la necessaria e vitale dose di leggerezza e distacco. Bisognerebbe trovare un vaccino al narcisismo fine a se stesso. Ma soprattutto far si che non prevalga lo spirito "ferino" che alberga in ognuno di noi. Bisognerebbe fare qualche promessa e mantenerla, guardare ma soprattutto guardarci. Per farlo bisognerebbe studiare e spersonalizzare, l'incontro con il volto dell'altro non è desiderio di vedere nel nostro interlocutore se stessi. Bisognerebbe quindi fuggire a gambe levate da questa continua e asfissiante malattia chiamata ego. Mi rendo conto di voler troppo dal mio "programma di governo" ma se non punti in alto la vincita è misera. Bisognerebbe quindi non guardarsi, ammirarsi e amarsi nello specchio delle proprie vacue e insignificanti vanità. Forse il gesto del barbiere che con lo specchio fra le mani svela la sfumatura del taglio al proprio cliente è quello che riassume il tutto; lo specchio come strumento per osservare l'altro, aprendosi ad orizzonti nuovi e sconosciuti; lasciandosi alle spalle la macabra danza delle vanità, che fra parole melliflue e suoni accattivanti ci porta velocemente sul limite pericoloso della nostra insignificanza. Allo stesso tempo però bisognerebbe imparare a scegliere a discernere, a non vendere la nostra "merce" come se i saldi di fine stagione non finissero mai. Come se i giorni, i mesi, gli anni conoscessero un solo colore; il grigio uniforme della nostra coscienza che paurosa resta immobile, perchè un si o un no potrebbero cambiare radicalmente i parametri del nostro tranquillo e noioso vissuto quotidiano. Ma fare delle scelte non è facile, decidere dove stare, con chi stare, chi lasciare è da uomini; quelli veri, quelli non legati alle piccole meschinità quotidiane, quelle che per un solo attimo ci fanno credere di essere qualcuno in spirito e in corpo. Ma forse chiedo troppo, forse viaggio fra mondi e galassie sconosciute, governate da altri principi in una dimensione spazio - temporale che ci lascia il tempo di pensarci come esseri finiti nel gioco malvagio di un tempo sospeso nell'eterno presente.
Esigenza di raccontarsi in maniera disordinata. Voglia di comunicare, anche quando non farlo sarebbe meglio. Tensioni da scaricare, flusso di coscienza come cura e tanta voglia di lasciare, magari solo per un secondo,un attimo di riflessione. Alla fine siamo quello che "scriviamo". Parole usate con cautela e rispetto,questo il principio che mi guida. Buona lettura!!!
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