Ma davvero pensate che la scuola non faccia la sua parte, seppur tra mille difficoltà, nel tentativo di insegnare educazione, rispetto, assertività e empatia? Non è la scuola a dover rispondere presente alla infinita strage quotidiana di donne giovani e non. Manca, per utilizzare una locuzione molto abusata, la certezza della pena, quella che razionalmente ci fa pensare che ad ogni azione corrisponde una reazione. Manca, in una comunità atomizzata e nichilisticamente individualista, il senso ultimo del considerarsi comunità. Persi come siamo nell'inferno quotidiano delle nostre giornate sempre uguali, a capo chino nelle nostre gabbie di cristalli liquidi, non abbiamo più il coraggio e non superiamo la " vergogna " del chiedere aiuto, perchè si sa, chi chiede aiuto è un debole e come tale non meritevole di fare parte della squadra dei vincenti. La " sconfitta " di un rifiuto, la " fine " di un rapporto o più semplicemente un no per una banalissima discussione diventano un muro altissimo da superare. Manca la cultura della sconfitta, vista come elaborazione dell'errore. Avete mai letto alcune chat di classe tra genitori immaturi? Avete mai pensato al linguaggio che usate in presenza dei vostri figli? Avete presente le liste di " proscrizione " di un compleanno tra bambini delle prime classi delle elementari? Avete mai sentito le parole " innocenti " rivolte ai bambini cui non piace giocare a calcio? Siete mai stati in un campetto di periferia, la domenica pomeriggio ad ascoltare le urla belluine di genitori per caso. Ed allora se proprio vogliamo iniziare la nostra azione " pedagogica " pensiamo, tutti nessuno escluso, a quanta inutile e tragica violenza trasuda dai nostri gesti e dalle nostre parole. Anche perchè, nelle comunità ancora intrise di patriarcato, che non è nient'altro che la cultura del possesso attraverso l'utilizzo della forza bruta e della coercizione psichica, ci mancava solo il cancro del capitalismo darwiniano che fagocita il più debole della catena alimentare.
Esigenza di raccontarsi in maniera disordinata. Voglia di comunicare, anche quando non farlo sarebbe meglio. Tensioni da scaricare, flusso di coscienza come cura e tanta voglia di lasciare, magari solo per un secondo,un attimo di riflessione. Alla fine siamo quello che "scriviamo". Parole usate con cautela e rispetto,questo il principio che mi guida. Buona lettura!!!
domenica 19 novembre 2023
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