domenica 13 febbraio 2022

La locomotiva.

Ci sono giorni che possono con la loro insignificante routine segnarti dentro, più delle "sapienti" mani di un tatuatore. Succede che ti trovi in un piccolo ufficio del tuo comune di residenza. Una signora gentile con sguardo bonario e tanta pazienza risponde ormai da diverse ore alle richieste più assurde, di cittadini disperati in cerca di chissà quali sussidi che possano risolvere come in una bella storia i problemi di chi vive non sapendo se domani potrà mettere insieme un primo con un secondo. Pochi minuti di attesa prima del tuo turno, l'unico pensiero che in quel momento occupa la mia testa è quello che devo sbrigarmi perché ho mille altre cose da fare. Non riesco, per egoismo e stress accumulato, a vedere che intanto dietro il vetro dell' impiegata paziente si materializza una bella signora dagli occhi color cielo di Lombardia; quel cielo limpido che improvvisamente arriva, quando dal versante sud il phöen spazza via inquinamento e nuvole color grigio topo. L' anziana signora inizia ad inveire contro i comunisti, intimando con tono perentorio al suo improvvisato uditorio di non votare Pd. Guarda tutti negli occhi e coperta dai suoi miseri cenci raccattati chissà dove racconta dell' ultima notte passata che è stata per lei difficilissima, una casa senza servizi essenziali, confortata solo dalla luce di una lampada a batterie donata da qualche anima pia. Al freddo e al buio racconta di aver pianto e di aver odiato con tutta se stessa chi non le aveva concesso un sussidio per portare avanti una vita dignitosa. Sopprimo subito la voglia di mettermi a spiegare alla signora che la colpa non è certo di altri disperati come lei, gente dalla pelle color ebano. La politica teorica non serve, la sociologia nemmeno e neanche le raffinate analisi dei burocrati di Bruxelles. L' unica cosa che riesco a fare è avvicinarmi mentre lei ripete come un mantra ossessivo di non votare i comunisti, mentre lo fa mi stringe la mano nella sua ed io intanto comincio a sentirmi in colpa, non so perché ma la sensazione è quella. Riesco a pronunciare timidamente una frase che suona più o meno così : " ha ragione signora, la capisco". Arriva il mio turno faccio la mia domanda e vado. Sto qui a scriverne a ventiquattr'ore di distanza e quella strana sensazione di vergogna e inadeguatezza non mi è passata.

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