Il cibo è senza ombra di dubbio la fotografia nitida e fortemente identitaria di un popolo. Il Genius loci, lo spirito del luogo con la quale fare i conti se si desidera conoscere un luogo. In Calabria il cibo, molto più di altri posti, è la rappresentazione plastica di ciò che siamo e di ciò che vogliamo raccontare di noi a chi non ci conosce oppure a chi si affida per pigrizia, noia o orgogliosa ignoranza agli stereotipi e al narrato dei canali di informazione ufficiali. Il cibo calabrese quindi ci racconta del sudore della terra, del sangue della povera gente, di una terra aspra e nervosa che non sempre trova il tempo di raccontarsi, forse per quella " indolenza difensiva " che è uno dei principali tratti della terra abitata dai Bruzi. Gente che nel tempo ha utilizzato le mani e il cervello non per elaborare una varietà di piatti tipici, ma per sfruttare a pieno le potenzialità di una terra che la natura matrigna ha disegnato in maniera tale da far produrre alla stessa unicità e varietà nei prodotti, che nessun altro può vantare. La Calabria è il regno dei microclimi da 0 metri a 2000 nello tempo che intercorre tra il fulmine e il tuono. Uno sfasciume pendulo tra due mari, capace di miracoli che esaltano e valorizzano qualunque papilla gustativa. La terra del culto pagano e laico del maiale ed insieme la terra più vegetariana e vegana del mondo. Un tripudio di zuppe e soppressate, di legumi, verdure e formaggi. Una terra che con la sua " involontaria " attitudine anticapitalistica non ha trasformato questo ineguagliabile tesoro in quella post - moderna abitudine dell' estetica che prevale sul gusto. Questa terra è antinomica, discordante incoerente e incongruente. Il cibo e la sua cultura culinaria sono forse una delle fotografie più nitide di questo straordinario lembo di terra a cavallo tra il Tirreno latino e lo Jonio greco.
Esigenza di raccontarsi in maniera disordinata. Voglia di comunicare, anche quando non farlo sarebbe meglio. Tensioni da scaricare, flusso di coscienza come cura e tanta voglia di lasciare, magari solo per un secondo,un attimo di riflessione. Alla fine siamo quello che "scriviamo". Parole usate con cautela e rispetto,questo il principio che mi guida. Buona lettura!!!
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